Con la caduta dell'Impero Romano, nel 476 d.c. ebbero inizio le prime invasioni barbariche, realizzate dai Goti guidati da Teodorico, nel primo 500, invasioni che si protrassero per un ventennio e che lasciarono l'Italia con territori devastati, città distrutte, carestia e popolazione drasticamente ridotta.

L'AGER FALISCUS e FALERII NOVI subirono la medesima sorte.

Dopo una breve parentesi di tranquillità, intorno al 570 ebbe inizio l'invasione da parte dei Longobardi,che portarono all'abbandono, prima graduale, poi totale della città di Falerii Novi, posizionata in pianura per cui poco difensibile dalle scorrerie barbariche.

La poplazione si trasferì e trovò rifugio sicuro nell'antica Falerii Veteres, dove esistevano le già note difese naturali.

L' autorità centrale di Roma per scelta politica diede cosi l'avvio alla costruzione di un baluardo difensivo, alle porte di Roma. Ma soltanto nella seconda metà dell'VIII secolo,grazie ai Pontefici Zaccaria(741-752) e Adriano I (772-795), si diede inizio alle famose Domuscultae, legate ad un programma di cristianizzazione e ad un razionale sfruttamento del territorio; con l'aggregazione di masse popolari in vaste estensioni patrimoniali, sviluppando la produzione agricola, necessaria per rifornire di vettovagliamento la popolazione di Roma, quindi, provvedere alla sicurezza del territorio con milizie armate ed alla costruzione di opere di difesa. Il processo delle Domuscultae, diede l'avvio all' incastellamento che determinò la concentrazione della popolazione, l'intensificarsi dell'agricoltura e la creazione di un surplus, presupposti questi, necessari alla nascita di un commercio di prodotti artigianali.

Dando finalmente sicurezza al territorio ed al corridoio che univa Roma all'Esarcato di Ravenna, punto strategico dell'Impero Bizantino.

Nel territorio dell'Ager Faliscus era presente la Domusculta di Capracorum, fondata da Papa Adriano I nel 780 che comprendeva la zona Nord di Roma e dove Civita Castellana ne rappresentava il polo più importante, al centro del corridoio Roma - Esarcato di Ravenna dove convergevano le tre direttrici: La Via del Fiume (il Tevere), la Via Collinense (la Flaminia),la Via Cassia-Amerina. Tenendo presenti le fasi storiche di questo periodo, si comprende dai documenti l'importanza strategica che nel tempo acquista la città di Civita Castellana citata nel 727, poi in Castellum citato nell' 818 ed infine in CivitaCastellana citata nel 994.                                     

Adesso vediamo come si inserisce la ceramica Tardoantica ed Altomedievale in questo specifico contesto storico.

Dal tardo V e nella prima metà del VI secolo assistiamo ad una crescente separazione fra le situazioni riscontrate nei centri urbani e quelle delle aree rurali, che riflette il crollo del sistema Statale Romano, il suo sistema economico ed il rispettivo sistema di mercato.

Dal VI al tardo VIII / IX secolo, assistiamo con le occupazioni ad un radicale cambiamento nella realtà economica e sociale, l'assenza di ceramiche implica un livello di cultura materiale più basso e si assiste ad un più frequente impiego ed uso di contenitori in legno con un riuso delle ceramiche sia etrusche che romane.

Nel VII / VIII secolo la poca ceramica acroma e la rarissima ceramica a vetrina pesante prodotta nel territorio romano-laziale, sono le uniche realtà ceramiche presenti, ispirate sia da forme di tradizione bizantina, sotto la cui influenza si trovava ancora la città di Roma, sia da nuove forme ispirate dalle presenze di occupazione longobarda.Il tipo di ceramica prodotta è in vasi di piccole e medie dimensioni con impasti più o meno depurati .

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Nell'VIII  secolo la ceramica acroma è la classe più comune e continua ad essere prodotta, principalmente in brocche ed anforette, è di questo periodo la fornace di ceramica acroma della mola di Monte Gelato a Mazzano romano, ritrovamento fatto dalla British School nel 1988.

Solo nel tardo VIII, inizio IX secolo in concomitanza con la fondazione delle Domuscultae e con la generale riorganizzazione della campagna romana, assistiamo ad una ripresa nella produzione e circolazione di prodotti ceramici e da questo periodo abbiamo nuovamente tipi ceramici, di forme e stile romano-laziale, databili.

Nella ceramica acroma i vasi di piccole dimensioni tipici del tardo VIII e IX secolo diminuiscono, e dal X secolo scompaiono quasi totalmente,ne rimane principalmente la tipologia del contenitore d'acqua....l'Olla, biansata di medie dimensioni e di forma simile ad un'anfora, tipologia questa derivata da forme tardo-antiche, prodotte su larga scala in area orientale.

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Ma i modelli di Olle acquarie che si affermano nella fase fine X secolo, mostrano una dipendenza molto meno diretta, dai prototipi tardo-antichi a forma d'anfora,quindi si osserva, una rapida evoluzione verso forme globulari, con anse larghe ed appiattite, collo cilindrico più breve e largo, fondo a base convessa, con al centro piccola umbonatura interna.

Questo tipo di Olla acquaria, destinata alla conservazioni dei liquidi, dominerà la ceramica d'acqua acroma, fino all'inizio del XIII secolo.

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Nelle ceramiche da fuoco, del tipo pignatte e tegami pur subendo nelle forme una graduale piccola evoluzione, si caratterizzano nell'insieme, fino al tardo XVI sec.

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La ceramica a vetrina pesante dopo la ricca ed originale produzione del tardo VIII -inizio IX secolo, sembra riflettere, nel X secolo uno sveltimento della propria produzione, infatti, il rivestimento a vetrina, è limitato soltanto all'esterno del vaso con risparmio in costi e lavoro ed il rivestimento nel tempo tenderà ad assottigliarsi anche nello spessore.

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Questo cambiamento coincide con l'aumento del benessere, con una maggiore richiesta di ceramica,con una circolazione dei beni più sicura ed un aumento del numero dei mercati, evidenti specialmente nella campagna romana.

Quindi , la richiesta di mercato era per ceramiche - meno costose, in maggiori quantità e di migliore qualità. A queste richieste di mercato, si affermava nella fine X inizio XI secolo, una ceramica denominata a vetrina sparsa dove la produzione, tende verso nuove forme standardizzate, caratterizzate da una produzione strettamente funzionale, diventando un prodotto sempre più comune a bassi costi, coincidendo esattamente con le richieste di mercato.

Nell'XI secolo la ceramica a vetrina sparsa, sostituisce completamente la produzione della ceramica a vetrina pesante, molto più costosa, e rappresenta oltre il 60% dell'intera produzione di ceramica del Lazio, superando sia la produzione di ceramica da fuoco che quella ad impasto depurato.

La caratteristica principale e la fortuna della ceramica a vetrina sparsa, rispetto a tutte le altre ceramiche, è il suo impasto, molto più argilloso e compatto, ben depurato che nella lavorazione mantiene un'ottima plasticità. Se sottoposto poi, a giusta cottura, l'impasto raggiunge un grado di permeabilità ideale per un contenitore d'acqua.

La standardizzazione della forma, nella brocca a vetrina sparsa, ne permette una maggiore quantità di produzione con sistemi lavorativi al tornio in serie che si rifanno ad una eccezionale funzionalità di prodotto con una comoda presa della mano all'ansa a nastro, che ne permette una buona regolazione del flusso, con un getto gradevole e continuo di liquido, dovuto dal particolare beccuccio a mandorla o beccuccio con estremità espansa. La copertura a vetrina è posta soltanto nella parte superiore della brocca, "sparsa" o spennellata e rimane forse per tradizione come elemento estetico o distintivo, non avendo più la sua funzione di copertura.

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La ceramica a vetrina sparsa ,corrisponde ad una notevole semplificazione della tecnica di fabbricazione, la frettolosità che si constata, nella realizzazione delle brocche, potrebbe non essere estranea alla concentrazione di questa produzione,  in un numero relativamente limitato di botteghe, situate in un territorio specializzato, nella tradizionale lavorazione della ceramica, che doveva far fronte ad una pressante richiesta di mercato. L'impasto è estremamente omogeneo, quindi il centro o i centri di produzione sono estremamente legati dalla materia prima, cioè dalla presenza di determinate risorse naturali, selezionate per determinate funzioni.

L'insieme della forma, l'invetriatura, l'impasto molto depurato e plastico sembrano riflettere uno sveltimento nella lavorazione della produzione, ed una tendenza verso un risultato sempre più specializzato, sulla scala delle grandi quantità, in termini di tempo e lavoro e presumibilmente di costi più bassi,quindi alla portata di un settore della popolazione più ampio.Questa nuova specializzazione coincide con un aumento della produzione ceramica invetriata, una riduzione delle aree di produzione che hanno finora rifornito di ceramica invetriata i siti, ed una concentrazione in un'area ricca di materie prime.

Civita Castellana risponde, sia alla quantità che alla qualità di materie prime, con un territorio ricco di grandi masse d'argille, dalle formazioni più comuni alle formazioni più pure; sia alla specializzazione dei sistemi lavorativi, caratteristiche queste, già note ai ceramisti civitonici fin dal periodo falisco.

A Civita Castellana è stata ritrovata una cospicua quantità, di questo particolarissimo tipo di ceramica, con ancora parte della "fritta", elemento determinante, che ne dimostra la sicura presenza di botteghe e forni per la lavorazione della ceramica invetriata.

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La ceramica a vetrina sparsa, termina la sua produzione con l'arrivo delle ceramiche islamiche e maghrebine, giunte a noi con le prime crociate.Ceramiche queste molto più avanzate, sia nella tecnica che nella realizzazione dei decori, quindi, subito molto apprezzate dalla richiesta di mercato.

I ceramisti italiani si ispirarono a questa nuova ceramica sia nelle forme che nei decori, riproponendo versioni prima, quasi analoghe, poi ben definite e migliorate per il gusto della nostra tradizione latina.

Materiale Ceramico ritrovato nello scavo in Loc. Scasato a Civita Castellana di proprietà Silla Costruzioni  Srl con la direzione lavori della Dott.ssa Patrizia Aureli e l' Assistente Dott. Piero Poleggi. Scavo effettuato dal 18/03 al 16/06/1992.

di Franco Cirioni

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